ALTRI EDIFICI
Casa Sannitica (Insula V )
Così chiamata poiché più di ogni altra conserva la tipica struttura dell’abitazione sannitica ed il suo impianto è databile al II sec. a.C. La casa presenta un ingresso decorato con affreschi del I stile ad imitazione di marmi policromi ed un atrio dotato di un elegante loggiato con colonne ioniche e transenna rivestita di stucco. A destra dell’ingresso c’è uno dei rari ambienti affrescati in fine monocromia verde con al centro il quadretto con il “Ratto d’Europa”. Intorno alla prima metà del I sec. d.C. ne furono distaccati il giardino, accessibile dalla casa rustica e la casa del gran portale. La vicenda della casa rispecchia la fortuna calante, nell’età imperiale, della popolazione indigena di Ercolano. Il nome della famiglia è forse deducibile dal graffito osco, letto: vel (vestibolo) “Spunes Lopi”.
 
Casa del bel cortile (Insula V )
Nonostante sia piccola, questa casa è una delle più interessanti dell’edilizia privata. Il cortile al posto dell’atrio, costituisce la parte più architettonicamente singolare: pieno di luce e di colore, è ornato da un fine pavimento a mosaico decorato con croci uncinate disposte a riquadri. Da esso, una scala, munita di pluteo e ballatoio, conduce al piano superiore. Nel salone a pianoterra è stato raccolto il materiale di maggiore interesse rinvenuto negli scavi: monete, statuine di culto, vasellame di bronzo, vetro e terrecotte, piccole sculture marmoree. In sostanza è una casa ricavata da un edificio precedente e la sua ristrutturazione risale all’epoca claudia, quando i pavimenti del tablino e cortile furono mosaicati ed una stanza ridipinta in terzo stile.
 
Villa dei Papiri
 
Localizzata a 20-25 m di profondità in un’area a nord-ovest degli attuali scavi, la villa si trova tuttora sepolta sotto due strati pietrificati, il primo formatosi dopo l’alluvione fangosa del 79 d.C. ed il secondo per effetto della colata lavica del 1631. Essa fu esplorata per cunicoli negli anni 1750-1761, quando fervevano a Portici i lavori per la sistemazione della Villa Reale (iniziata nel 1738), compreso il costituendo Herulanense Museum,”museo senza pari in Europa per le rarità e la copia di esse …..” per volere dello stesso Carlo III. Dopo varie vicissitudini, statue, papiri e pitture provenienti dalla villa sono ora esposti in una nuova sezione del Museo Nazionale di Napoli. L’importanza della villa, la cui fronte misura oltre 250 m, sta, sia nel complesso unitario e organico della collezione di sculture (58 di bronzo e 21 di marmo) ivi trovate, sia nella biblioteca di 1785 papiri dissotterrati e portati alla luce a partire dal 19 0ttobre 1752. I papiri contengono testi filosofici, quasi tutti scritti in greco (l’epicureo Filodemo di Gadara è l’autore della maggior parte di essi), alcuni di essi in latino (tra i quali un componimento poetico sulle battaglie navali di Azio e di Alessandria tra Ottaviano, Antonio e Cleopatra; il De Bello Actiaco). Come tutte le ville vesuviane danneggiate dal sisma del 62 d.C. la villa era in fase di restauro al momento dell’eruzione del 79: un cumulo di calce e frammenti di colore (turchino e rosso) testimoniano i lavori edilizi e di decorazione in corso. Molte sculture erano smontate e rimosse dal loro posto; la biblioteca era imballata in cinque punti diversi e i volumi fasciati in scorza d’albero e chiusi in casse. L’atrio aveva conservato l’originaria decorazione parietale e pavimentale di secondo stile; il reparto balneare, gli ambienti vicini intorno all’atrio e l’esedra sul giardino nord-ovest presentavano una decorazione del quarto stile, probabilmente successiva al terremoto. Il fango rovente, causa delle violente avvampature sull’intonaco giallo dell’atrio e dell’ambiente nell’angolo ovest del piccolo peristilio,avrà contribuito senz’altro alla cabinizzazione dei papiri. E’ arduo pronunciarsi sulla committenza e proprietà della villa. Collegando il nome di Filodemo con il programma scultoreo, busti di filosofi, oratori, poeti e condottieri ellenistici, supposti ritratti di famiglia, statue di atleti, figure mitologiche ecc., si è pensato come proprietario a L. Calpurnius Piso Caesoninus, console del 58 a.C., i cui stretti legami con Filodemo sono attestati da Cicerone nell’orazione “ In Pisonem” o al di lui figlio L. Calpurnius Piso Pontifex, console del 13 a.C.. Ma i loro nomi non compaiono nel materiale epigrafico rinvenuto, per cui sembra più probabile attribuire la proprietà a quell’Appius Claudius Pulchercognato di Lucullo, al quale gli ercolanesi dedicarono una statua post mortem nel teatro. Pulcher noto filelleno era un personaggio prestigioso: ideatore dei piccoli Propilei di Eleusi e console nel 38 a.C., la sua cronologia coincide con la fase delle pitture di secondo stile dell’atrio e dei mosaici policromi della villa. A sud est dell’atrio c’è il quartiere rustico, disposto intorno ad un giardino con giare, alle quali un canaletto in muratura portava acqua. L’impianto della villa, con il quartiere dell’atrio cinto da un portico che si spinge nell’area di un giardino è molto simile agli impianti della villa dei Misteri e della villa di Oplontis. La presenza di armi e di un mucchio di grano, nonché di masserizie e lucerne, indica che la villa non era poi così abbandonata come si pensa di solito. Vicino all’atrio fu scoperto un orologio solare bronzeo intarsiato d’argento, con segnati i nomi dei mesi Iulius e Augustus (quest’ultimo introdotto nel calendario nell’ 8 a.C., in sostituzione del vecchio Sextilis).
Riferimenti Bancari Moduli iscrizione
Custodia del Grifo Arciere